Brano: [...]aveva negozio di tessuti e siccome questa sorella di mia madre non aveva figli, pensò bene mia madre non pagarglielo più: pagò,, s'intende, solo al sarto, pochi soldi. Descrivervi la moda della confezione è inutile, ricordo solo questo, che le mani si affaticavano per trovare le tasche, e dimenticavo dirvi che la stoffa [non era] di marca Made Englis ma semplicemente cotone cécere, qualche cosa come le tute dei muratori moderni. Però ero felice, la sera frequentavo la casa di un lontano parente di mia madre, calzolaio, e con suo figlio mio cugino, imparai qualche cosa, però ero retribuito bene, avevo 12 soldi. La domenica al giorno (1) quando tornavo dal mercato di Caiazzo ed insieme a mio cugino si usciva a fare qualche passeggiata, ed in tempo di stagione estiva, prendevamo lo spumone dell'epoca, e cioè 1 soldo quattro
(1) Di pomeriggio
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giarrette di neve zuccherato, con colori variopinti, anche se non nocivi (I), e dalla sera, specie d'inverno, al Teatro dell'Opera ossia l'Opera dei pupi. Quando avevam[...]
[...]o, e con suo figlio mio cugino, imparai qualche cosa, però ero retribuito bene, avevo 12 soldi. La domenica al giorno (1) quando tornavo dal mercato di Caiazzo ed insieme a mio cugino si usciva a fare qualche passeggiata, ed in tempo di stagione estiva, prendevamo lo spumone dell'epoca, e cioè 1 soldo quattro
(1) Di pomeriggio
MEMORIE DEL CAV ANGELO MUSCETTA 55
giarrette di neve zuccherato, con colori variopinti, anche se non nocivi (I), e dalla sera, specie d'inverno, al Teatro dell'Opera ossia l'Opera dei pupi. Quando avevamo il borsellino pieno, prendevamo i primi posti, 2 soldi. Ero felice.
Le cose andavano maluccio, il capitale di mio padre andava assottigliandosi, e ricordandosi che a Marsiglia vi era un fratello di zio Sabino (che in seguito conoscerete), scrisse mio padre a lui, se emigrando a Marsiglia, potesse trovare lavoro. La risposta fu favorevole, e se non erro, verso la fine dell'anno, pare nell'agosto 1888 (sono in questo momento un poco smemorato), mio padre partí per Marsiglia, ove fu accolto da questo zio, fratello di[...]
[...]orella Maria piú grande, e lo portai a vendere, ricavando una bella sommetta che comprai qualche cosa di somma urgenza per i genitori ammalati. Avevo avuto cura di portare a vendere tale verdura in altro rione per non umiliarmi, però per caso mi riconobbe una donna vicino di casa, e rimase talmente stupita del mio atto (uomo, giovanotto, andare a vendere la verdura il giorno di Natale) che si commosse, che sparse la voce in tutto il vicinato che la sera facevano a gara, a chi. portare piú roba, dal pane ai dolci rituali di Natale. Le mie sorelle man
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giarono con avidità ogni cosa, ma io piangevo ed ero tanto umiliato, che non mi veniva la voglia di assaggiare cibo. Insieme con me piangevano i genitori, però alla sera, dietro loro insistenza, dovetti mangiare qualche cosa.
I giorni dopo il Natale, mia madre si guarí completamente, e nei. primi giorni dell'anno 1890 seguí anche la guarigione di mio padre. Io intanto avevo scritto in Italia allo zio Sabatino, e [a] zia Angelarosa, e ricevetti dopo pochi giorni da entrambi lire 50, che sparirono per incanto, per alimentare i poveri genitori durante la convalescenza. Io intanto al mia principale avevo nascosto ogni cosa, e per la mia assenza giustificai che ero ammalato. Ripigliai il mio servizio, ' ed a furia d'in. vestigazioni, seppe ogni cosa, e mi rimprov[...]
[...]no 12 [correggi: 2] agosto del [1891] sul vapore r« Marco Minghetti » di Palermo] c'imbarcammo, prendendo posto (unito ad altri emigranti, forse pili poveri di noi) in coverta (1). Alle tredici incominciammo a bordo il primo pasto, e si partì alle ore sedici, tempo bellissimo. Salutammo Marsiglia col suo grande porto, e anche il santuario della Bonne Mère (2) della Garde, a cui rivolgemmo una preghiera, perché ci facesse arrivare sani e salvi. Alla sera facemmo il secondo pasto con appetito e tutta la notte fu deliziosa, mare bellissimo, contrariamente a quello burrascoso dell'andata. Col mare bellissimo e con la paura passata del padron di casa di Marsiglia ci sviluppò tale un appetito, che in meno di ventiquattr'ore avevamo esaurito la scorta che avrebbe dovuto bastare cinque giorni. Arrivammo a Genova alle ore tredici del giorno dopo. Fummo avvisati che potevamo scendere per sole quattro ore, e che alle ore diciassette dovevamo trovarci tutti a bordo. Sbarcammo io e mia madre per comprare qualche cosa, ma ci avvedemmo che i generi
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[...]r caso fare il trasbordo (da un ambiente all'altro), offrii in cambio qualunque lavoro, e segnatamente quello del trasporto delle gallette da un punto all 'altro.
Il Capitano si commosse della mia proposta, chiamò un ufficiale addetto alla cucina, e fece aggiungere alla nota [le] cinque persone della mia famiglia. E cosí alle ore dodici io andai a ritirare la minestra in un gran recipiente di latta, la carne, la gallette, e mezzo litro di vino. La sera alle ore diciannove e trenta il medesimo pasto, al mattino caffè per tutti e dieci gallette. La Provvidenza nella sventura veniva ad aiutarci. Occupai il mio posto di lavoro con una sveltezza che solo alla mia età si poteva ottenere, ero ben voluto dal caporeparto, che relazionava a lcomandante il mio zelo e attaccamento al lavoro. Se fossero vivi i miei genitori, potrebbero attestare quanto sto narrando.
La traversata fu bellissima, sviluppando un appetito formidabile; il mare era calmo, tanto che parecchi passeggieri giocavano a tombola. La mattina del 17 [correggi: 6] agosto alle ore nove[...]
[...]edito che veniva estinto appena venduta la merce, ripigliando l'altro. Il lavoro procedeva benino, e si arrivava fino alla provincia di Foggia. Io mi sentivo umiliato guidare quel carretto, ché quando era carico mi toccavo seguirlo a piedi. Non solo. Ma per le salite mi toccavo a tirare, perché il povero somarello non ce la faceva. Eppure ero felice. Per le discese, salivo a cavallo e cantavo sempre, specie quando si avvicinava l'ora del pasto alla sera. In quell'epoca in tutte le taverne si mangiava a pasto, il mezzogiorno e la sera, e si aveva per ogni pasto insalata verde, maccheroni, o pasta e fagioli, baccalà o carne, formaggio, pane e vino senza limiti. Ogni pasto costava soltanto soldi 13. Però io e mio padre, non consumavamo che solo il pasto della sera, saltando quello di mezzogiorno, perché il bilancio non consentiva, e mio padre si era prefisso di farsi qualche capitaluccio proprio, e non essere schiavo di un solo fornitore, il quale ne incominciava a profittare. Si tirò avanti cosí per due anni e piú, lavorando notte e giorno, e il mio compagno di lavoro era Sabino Venezia, il di cui padre era il nostro padrone di casa, e usciva una sera si e una sera no, col carretto carico di verdura che portava a vendere sui mercati, camminando tutte le notti per fare arrivare fresca la verdura sui mercati. Quello che era insopportabile era il sabato [...]
[...]. Per mangiare bene (perché mio padre mi manteneva a stecchetto) escogitai un bel mezzo: mi fidanzavo con tutte le figlie di tavernaie e di bettoliere. Ero diventato un bel giovanotto, mettevo in armonia quella gente di paese che vivevano vegetando, cantavo qualche canzonetta ed avevo in cambio le migliori pietanze, con contorno di qualche bacio. Ero sempre felice, ma qualche volta pensavo anche la vita zingaresca che facevo. La cosa tragica era la sera. Si arrivava in una taverna, quando vi era qualche lettino disponibile, lo riservavo a lui, ed io mi riempivo il sacco pieno di paglia, e lo piazzavo fra le due stanghe del carretto, facendo anche da guardiano alla merce. Quando per la strada eravamo colpiti da una pioggia, e le taverne erano piccole, ci toccava mettere il sacco di paglia sullo sterco degli animali e il mattino quando ci si alzava da quel gia cillo, emanava il fumo dei calore, con profumi poco igienici. E Umberto « 'a Secchia », carrettiere vivente ad Atripalda, e che è stato parecchi anni con noi, potrebbe testimoniare e aff[...]
[...] descrivo la fiducia che da questi clienti avevo acquistata, che non facevano patto. Facevo il conto su un pezzo di carta, tagliavano qualche lira dispara, non per contestare il prezzo, ma per avere la soddisfazione, troppo nota, in quelle donne, di risparmiare. In quell'anno vendemmo quasi tutto, rimanendo qualche poco di merce dispari che vendevamo l'ultimo giorno a qualche rivenditore locale. Dimenticavo, che la caratteristica della fiera era la sera, ed in una diquelle sere, quando la folla sostava per ammirare non per comprare, perché compravano o di mattina o nel pomeriggio, ne feci una delle mie. Feci cucinare mezzo chilo di maccheroni, e mettendolo in un vaso da notte (nuovo però) gridavo ad alta voce: — La mia porcellana è perfetta, liscia, che si può utilizzare anche un vaso da notte usato —. (Ma il mio era nuovo).
I1 mio concorrente barese, che si era messo fuori del convento, credendo che la clientela a prima vista comprasse da lui, ma fece pochissimi affari. Prima di lasciare S. Egidio, volle farmi delle proposte per l'anno pro[...]
[...]orecchio gli disse: — Eppure, è cosí abile e simpatico tuo figlio, che gli dobbiamo far sposare una nostra nipote. — Vi era un
gran negoziante di articoli svariati e bene assortiti di merceria, confezioni dell'epoca per signore, signorine e contadine, molto ricco, il quale avanzò con mio padre proposte di matrimonio di una sua figlia. Ed un altra proposta del genere [fu quella] di un forte negoziante in tessuti di Monteforte Irpino. E quando fu la sera mia madre a tavola ne parlò, tutti ci mettemmo a ridere, perché avrei dovuto sposarmi con quattro. Solamente dopo seppi che la sorella del Capotreno Recine e la nipote di Don Ciccio Bocchino era la stessa cosa. Finí la cosa cosí, imballammo quel poco di residuo della merce, e tornammo ad Avellino, soddisfatto anche quell'anno del risultato.
Ricominciavo la mia vita di cameriere, gestore, sguattero, padrone del buffet, nonché amministratore dell'azienda di cristalli e porcellane, e nel fare qualche sommario, grossolano, chiamiamolo bilancio, a modo mio, mi avvidi che in tutte le aziende vi er[...]
[...]e. Non conoscevo Napoli, che, [solo] qualche volta mio padre mi aveva condotto per qualche giorno. Fittai la medesima camera che mensilmente fittava lui — Albergo Wachinton — (lato partenze) e che pagavo lire 1.25 per sera, e lire 2 al giorno per mangiare. In queste 2 lire erano comprese le sigarette e qualche divertimento. Saltavo il pasto di mezzogiorno, rimpiazzandolo con una pizza (calzone) imbottita di ricotta, qualche soldo di frutta, ed alla sera dopo la chiusura della cassa sotto l'orologio esterno della ferrovia, andavamo al pranzo dalla trattoria della Fortuna (tutt'ora esistente) alle spalle della statua di Garibaldi, ove spendevamo 8590 centesimi, massimo 1 lira. I miei compagni, per lo stesso servizio, erano tre: Cioffi Gaetano, calzolaio di Solofra, Fiumara Pietro, esercente una trattoria di Salerno, e Saturno
ANGELO MUSCETTA
Antonio di Cassino. Era la seconda sera che stavo in loro compagnia, dopo di aver mangiato, facemmo una passeggiata a piedi dalla ferrovia alla Galleria. Lessi un manifesto che al S. Carlo si rappresenta[...]
[...]he il destino crudele volle spezzarlo (come in seguito vi dirò) dopo solo undici anni di matrimonio.
Dopo il pranzo solenne, ci recammo in casa dello zio Canonico e zio Franceschiello, per salutarli e ringraziarli per il loro autorevole consenso, — e partimmo alla volta di Avellino, riportando indietro il cesto con tutta la roba, dopo di aver fatto mangiare al vetturino Miniello, padre del vetturino attuale Angelo Venezia. A casa con i nostri alla sera finimmo di festeggiare tale evento.
Ebbe inizio il nostro fidanzamento ufficiale, e fu stabilito di andare ogni mese a Montefusco, e trattenermi tre giorni per ogni mese. Il primo viaggio fu da me effettuato il 6 gennaio del 1898, con una sgangherata carrozza postale che partiva tutti i giorni alle quattordici, e arrivava a Montefusco alle ore diciassette. La prima sera cenai dalla fidanzata, e a dormire andiedi dalla zia Teresa, sorella di zia Cristina, però all'indomani andammo a salutare un altro zio in secondo grado, Giacomino Recine, ammogliato senza figli, ed abbastanza ricco, e costui[...]
[...]vera seconda madre. Con una forza di volontà cercai dominare il mio turbamento, portando i saluti di tutti i miei, ma a Vincenzina non era sfuggito che io non era il tipo allegro delle altre volte, a cui raccontavo specie alla zia Filomena dente barzellette, che tanto la facevano ridere, e per giustificarmi dicevo di avere un leggiero mal di testa. Ma vi erano delle buone salziccie per cena, e con supremo sforzo feci venire il buon umore.
Passò la serata alquanto allegra, passarono ancora giorni e mesi, l'amore s'ingigantiva sempreppiú, si arrivò al 18 luglio del 1898. Al ritorno dal mio abituale viaggio mensile da Montefusco, trovai a casa una brutta notizia: durante la mia assenza, i miei, cioè mia madre e le mie sorelle Maria e Carolina, che anche loro lavoravano nel buffet (che aveva preso un buon sviluppo) avevano fatto quistione con zio. Sabina, e da due giorni non erano andati nel buffet. Indagai la ragione, e mia madre era solita ingrandire le cose ed era sempre quella che inventava delle cose inutili, a volte gravi, inesistenti, e [...]
[...] la verità, e conoscendo il mio tipo affettuoso, non mancò d'incoraggiarmi, di avere fede in Dio per il nostro destino. Un giorno, profittando che lo zio Sabina era a Napoli, ed analizzando bene le cose, riconobbi che il torto era da parte dei miei, e incoraggiato dalle buone parole della zia Angelarosa, di cui portavo il nome del padre, e mi voleva molto bene, andiedi a prendere servizio, giustificandomi verso i clienti che ero stato poco bene. La sera tornò lo zio Sabino da Napoli con l'ultimo treno di mezzanotte, disse: — Buona sera —, a cui risposi; ma non mi disse altro. Diede alcune disposizioni ,a mio zio Gavino, che funzionava sempre da cuoco, e si ritirò. Fui quella sera un poco contrariato per .il suo atteggiamento ancora severo, e pensando che il lavoro di pacificazione l'avrebbe preparato la zia Angelarosa sua moglie, andiedi a riposare per qualche ora nella stanzetta su una tavola, l'unica camera mia da letto, per diversi anni; camera da letto che da giorno funzionava da sala da pranzo, e la sera la tavola funzionava da letto: stanzetta umida, perché terra piena, e il sole si vedeva a scacchi. Quella vita durò per circa tre anni, e tutta quell'umidità fu la causa farmi perdere in pochi anni uno per uno tutti í denti. Passarono dei giorni, mi riappaciai (e con me, anche i miei) con zio Sabina. Lettere dalla fidanzata Vicenzina venivano tutti i giorni, chiedendomi spiegazione del dissidio, ed io rispondevo che tutto era finito. Si era arrivato alla fine di luglio ed alla prima domenica di agosto si celebrava a Montefusco la festa di M.M.S.S. del Carmelo. Un giorno chiamai in disparte mi[...]
[...]ino. La chiesa del Carmelo a Montefusco era situata al principio del paese e proprio sul fronte del paese verso Avellino, .e su una piazzetta vicino alla chiesa venivano addobbate delle bellissime luminarie, che erano ben visibile dalla nostra stazione ferroviaria di Avellino, quindi il sabato, vigila della festa, fu per me una tortura, vedere da lontano quella festa, e non poterci andare. Non riposai tutta la notte e né anche la domenica fino alla sera, e senza pensarci due volte, dissi a mio zio Sabina, se mi permetteva alle undici di andare a Montefusco, con l'impegno di trovarmi il lunedì mattina alle sette per aprire (anche con qualche ora di ritardo) il buffet. Mio zio in un primo momento non era consenziente, dicendo che avrei dovuto fare setteotto chilometri a piedi in salita, di notte, e altrettanto al mattino; ma poi fini per accontentarmi.
Alle ventitrè vi era l'ultimo treno che, proveniente da Napoli, passava per Avellino, e proseguiva per Benevento. Feci in cinque minuti succintemente la mia toiletta, presi il treno fino alla p[...]
[...]pellino eccentrico (che costava pochissime lire per la sua rimontatura). I regali (per quanto in quell'epoca poco si usassero) pur tuttavia i'l piú di valore era il biglietto di lire 25 dello zio Franceschiello. Però il regala di zia Carmela (non lo posso mai dimenticare) fu di un portabiglietto di seta, costruito, forse, con le sue mani.
Dopo il pranzo, ripartirono alla volta di Montefusco, con due carrozze di gala, i parenti della sposa, ed alla sera grande trattenimento in famiglia, con qualche invitato, il Capo Stazione titolare e qualche impiegato, o amici di famiglia, si ballò fino all'una del mattino, con distribuzioni, di dolci, liquori, spumanti, tutto a profusione.
Dopo tre giorni facemmo il nostro viaggio di nozze. Incredibile ma
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vero, con lire 25, dico venticinque in tasca, oltre il biglietto AvellinoNapoliSaviano (paese di mia madre) e ritorno, naturalmente ospite di parenti. Ero tanto felice nella mia miseria.
Tornai a casa, presi il mio posto di lavoro, e che lavoro. Nessuna umiliazione, ero padrone, ca[...]
[...]e, la mia povera Vincenzina alle ore 22 del 1° luglio volò la sua anima al cielo, lasciando nel più duro dolore a me e i poveri figli in età che avevano ancora bisogno della guida amorosa e materna. La cosa più tragica, che dovemmo nascondere al mio povero padre la grande sventura che mi aveva colpito, perché mio padre voleva piú bene a lei, che a me. Ma al mattino seguente, il 2 luglio, i gridi e i pianti dei poveri figli Amato e Sabino (che io la sera prima avevo fatto allontanare, inviandoli a casa di mia madre) e tutti i parenti di Montefusco, fecero intravedere la realtà della sventura al mio povero padre, che mi volle al suo capezzale, e fondere le mie lacrime alle sue. Mio padre che (secondo il Dottore Aufieri) doveva morire, visse ancora ventotto giorni, e quel santo uomo che sopportò con tanta rassegnazione le sue sofferenze, per non arrecarmi altri Mori, tutte le volte, e dieci minuti prima di morire, alla mia domanda, come si sentisse, rispondeva: — Molto meglio, figlio mio —:
Povero padre, povera moglie! Chi può descrivervi il d[...]
[...]colo Sabino, che a quindici anni pare che era piú incline al commercio, che alla studio.
Mi fu ordinato dall'Ente Autonomo di gestire uno spaccio per la vendita dei generi tesserati, cosa che dovetti accettare per forza, per non perdere il diritto di esonero al servizio militare, ma fu un grande guaio ed un forte lavoro, poiché oltre il lavoro della mia azienda già molto bene avviato, dovevo occuparmi della fornitura di quasi 600 famiglie, ed alla sera dovevo prepararmi ogni cosa, e cioè pacchi di pasta da 123 chili e così per lo zucchero. Però la sera ero aiutato dalle figlie del controllore Venturi, che eravamo più che parenti e spesse volte la sera a mezzanotte si finiva a maccheroni aglio ed olio cucinati sapientemente da mia suocera o, meglio, zia Cristina.
102 ANGELO MUSCETTA
Si andò avanti cosí fino al 1916, venne il richiamo di mio figlio Amato, e fu per me un grande dispiacere, sia perché esso veniva tolto dagli studii, sia perché aveva solo diciassette anni, e fino a quella età non aveva conosciuto privazione, disagi. Fu destinato al 3° Genio telegrafista con destinazione a Firenze, perché io, prevedendo il suo richiamo, gli avevo fatto apprendere in ferrovia l'esercitazione all'ufficio telegrafico. Dolorosamente la sua partenz[...]
[...]i patate, e diversi vagoni di fagioli, corrispondendomi lire due a quintale netto, segnalando telegraficamente il prezzo di acquisto, e spedire dietro conferma, vagoni valuta e sacchi a soddisfazione. Naturalmente col mio saper fare verso i compratori, ogni vagone rimaneva netto per me dalle 6001000 lire. Dal settembre 1916 al dicembre 1917 caricai 156 vagoni: certo, un lavoro non indifferente, il giorno nelle campagne nostre e nel serinese ed alla sera l'andamento del mio negozio e spaccio comunale. Non conoscevo stanchezza, non conoscevo riposo, conoscevo solo la soddisfazione morale e il conforto che solo una moglie intelligente sa dare.
A titolo di cronaca, queste patate che spedivo a Roma venivano vendute dagli spacci comunali lessate a lire 0.60 il chilo, prezzo politico, perché costavano crude molto di piú. Non voglio atteggiarmi a vittima del lavoro o del sagrificio, ma vi prego di credermi che se avessi quella età e quel conforto familiare, incomincerei da capo.
Che cosa non ho fatto in vita mia, tutti i mestieri, e tutti riusciv[...]